In generale si può pensare che qualsiasi condizione di disagio, anche momentanea, possa compromettere il sonno.

A titolo di esempio, senza nemmeno ricorrere a citazioni scientifiche, si possono citare esperienze di vita: a chi non è capitato di non riuscire a dormire a causa di un disturbo generico come febbre, prurito, tosse, diarrea, mal di denti o dolore conseguente a un piccolo trauma? Naturalmente anche un periodo di stress, dovuto per esempio a iperlavoro o a preoccupazioni contingenti, può comportare irregolarità del sonno.

Di solito, però, a prescindere dal circolo vizioso che spesso si innesca e si automantiene tra malessere fisico e insonnia, quando si parla di malattie che disturbano il sonno si fa riferimento a situazioni più “impegnative” che, per la loro stessa causa o dinamica, si ripercuotono sul sistema nervoso – e dunque sulla regolazione dei ritmi circadiani – oppure sui singoli apparati, a partire da quello respiratorio.

Esempi che si possono citare sono forme neurodegenerative, come la malattia di Parkinson e la malattia di Alzheimer, le disfunzioni tiroidee, le malattie genitourinarie (cistiti, prostatiti), le allergie, le affezioni respiratorie, il reflusso gastroesofageo e le sindromi dolorose di varia origine. A questo elenco si devono poi aggiungere i disturbi dell’umore, quali ansia e depressione, disturbi psicotici e del comportamento alimentare, nonché l’assunzione di particolari farmaci (per esempio alcuni antidepressivi, antiasmatici e antipertensivi), l’abitudine al fumo o il consumo di sostanze eccitanti, quali alcol e caffeina. L’età è poi un fattore determinante da tenere in attenta considerazione.

L’argomento, come si può intuire, è molto ampio e numerose sono le condizioni di interesse medico responsabili di insonnia: sindrome delle apnee ostruttive, la sindrome delle gambe senza riposo, disturbo da alimentazione compulsiva notturna e patologie del ritmo circadiano che interferiscono con la continuità del sonno e possono determinare eccessiva sonnolenza diurna.
Va da sé che, di fronte a situazioni come quelle citate, il medico si preoccuperà sia di intervenire sulla malattia di base, il cui trattamento spesso ha effetti positivi sul riposo notturno, sia di garantire la migliore qualità del sonno.